Con la sentenza n° 84 dell’11 aprile 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale con cui il Governo aveva impugnato la legge regionale del 25 gennaio 2018 con cui la Lombardia istituiva l’obbligo dell’indicazione del Codice Cir in tutti gli annunci di case vacanza e locazioni turistiche. Tra le motivazioni della sentenza, visionabile per intero a questo link, ne cito una, la numero 4, che mi sembra particolarmente significativa.
4.− L’assunto di fondo da cui muove il ricorrente, secondo cui la disciplina delle case vacanze sia da ascrivere tout court alla competenza residuale in materia di turismo e quella delle locazioni turistiche all’ordinamento civile, non è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui gli aspetti turistici anche di queste ultime ricadono nella competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 80 del 2012), mentre appartiene all’ordinamento civile la regolamentazione dell’attività negoziale e dei suoi effetti (tra le tante, sentenze n. 176 del 2018, n. 283 del 2016, n. 245 del 2015, n. 290 del 2013).
Il legislatore regionale lombardo – nel prevedere che anche i locatori turistici e i relativi intermediari debbano munirsi di un apposito codice identificativo di riferimento per ogni singola unità ricettiva, da utilizzare nella pubblicità, nella promozione e nella commercializzazione dell’offerta turistica – ha infatti inteso creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale, e ciò al fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche.
La Corte sembra quindi dirimere una volta per tutte l’orientamento giurisprudenziale in materia di locazioni turistiche: per tutto ciò che attiene alla parte contrattuale bisogna fare riferimento al codice civile mentre le attività di promozione, vigilanza e controllo sull’attività tipicamente turistica è una competenza residuale delle Regioni.
Dico sembra perché poi sulle interpretazioni della sentenza ci sono anche opinioni leggermente diverse che vi riporto. Per Regione Lombardia è, ovviamente, una sentenza storica. Per l’assessore al turismo Lara Magoni “Il pronunciamento della Corte conferma l’impianto del CIR si conferma come una modalità amministrativa semplice e finalizzata a far emergere un fenomeno turistico nuovo e sempre più diffuso che consiste nella concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà, a prescindere dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale, e ciò al fine specifico di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche. Ero convinta che il buonsenso del provvedimento andasse nella giusta direzione – aggiunge l’assessore al Turismo – e che non vi fosse alcuna invasione delle competenze esclusive dello Stato. Le motivazioni di questa sentenza, che definirei storica, non lasciano spazio ad altre interpretazioni. Regione Lombardia è stata ancora una volta apripista nazionale nel normare un fenomeno lasciato per troppo tempo senza regole”.
L’associazione degli imprenditori milanesi della ricettività ATR (che riunisce albergatori ma anche diversi proprietari extra alberghieri) ha scritto: “La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del governo italiano (intentato dal governo Gentiloni) contro l’istituzione del codice Cir per identificare le strutture extra alberghiere e le locazioni turistiche lombarde (CAV e affitti brevi). La Corte ha ritenuto infondate gran parte delle motivazioni dei ricorrenti e riconosciuto quanto sostenuto anche da ATR riguardo la competenza regionale degli aspetti turistici delle locazioni brevi. La Consulta ha inoltre ritenuto non gravoso l’impegno per gli host di pubblicare il codice negli annunci e assolutamente congrue le sanzioni previste. La pronuncia rafforza la piena applicazione dell’obbligo di esporre il codice CIR istituito da Regione Lombardia ed in applicazione dallo scorso novembre, da parte dei gestori sugli annunci pubblicitari prevedendo sanzioni in caso di omissione sia a carico dei gestori che a carico dei portali sui quali viene pubblicizzato l’appartamento.
L’associazione dei proprietari di locazioni brevi Pro.Loca.Tur. non si sbilancia ma su Facebook lascia un commento sibillino: “Il problema non è mai stato il CIR che, anzi, costituisce parte integrante del nostro progetto di “comunicazione unica”, bensì la pretesa di Regione Lombardia di equiparare, NON SOLO ai fini del CIR, la locazione (di cui all’articolo 1571 del c.c.) alla attività ricettiva di CAV (di cui all’articolo 26 della legge regionale 27/2015). La Corte, pur non potendosi pronunciare direttamente su questo aspetto, che non costituiva e non poteva costituire oggetto del ricorso del Governo, sembra aver detto qualcosa di molto interessante. Le sentenze non si commentano con i comunicati stampa, magari senza neppure averle lette, come qualcuno ha fatto commettendo grossolani errori. Noi la stiamo studiando attentamente e non appena possibile renderemo noto il nostro commento”.
Ve le ho inserite tutte così potete farvi la vostra idea. Nel frattempo che arrivino altri commenti, su cui vi aggiornerò, suggerisco di inserire ‘sto benedetto codice negli annunci, uno per ogni cav, prima che qualcuno si svegli e decida di partire con le sanzioni 🙂